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Tra cielo e terra.

giovedì 2 dicembre 2021

Le persiane cigolano nel silenzio del primo mattino. Ghigo di Prali si stropiccia gli occhi coi primi garzoni che sfornano brioches per i, pochi, camminatori che sfruttano le prime ore del giorno. Facciamo colazione ancora un poco silenziose ma bastano due donne tedesche vicino a noi per sciogliere un poco la tensione: Giacinta parla fluentemente anche il tedesco e si confronta con loro scoprendo che il percorso che faremo è molto bello e che conviene prendere la seggiovia. Non avevamo dubbi in merito, ma le conferme sono sempre gradite. I seggiolini cominciano a muoversi: è il primo giro di prova per sgranchire i cavi e controllare i motori, mentre noi infreddolite alziamo il naso e ci chiediamo se vinceranno le nuvole che inghiottiscono i piloni dell’impianto o se vincerà quell’occhio di azzurro limpido sul versante opposto. Saliamo e lo zaino ci protegge dall’umidità che ci accoglie salendo, che ci avvolge e lentamente ci nasconde al mondo. I prati verdi sotto di noi scorrono apparentemente senza meta, nemmeno gli animali si fanno sentire, solo le nostre voci sommesse rompono la solitudine e stemperano la preoccupazione per la giornata. Sappiamo che è una tappa lunga, forse la più lunga di tutta la settimana, e che potrebbe piovere mentre siamo sul sentiero, cosa molto probabile per adesso. Sappiamo che il panorama è bellissimo…se lo vedremo! Ma sappiamo anche che Giovanni, che ci aspetta a fine cammino nella sua piccola baita “la porziuncola”, ci ha assicurato ieri sera, con una calorosa risata al telefono, che non ci farà morir di fame. Scendiamo dai seggiolini col sedere tutto bagnato per l’umidità ma col sorriso e il cuore leggero: il sole splende sopra il letto di nubi! Non c’è ancora nessuno e di buona lena ci incamminiamo salutando il solitario addetto all’impianto.
La luce brilla sul verde dei prati, sulle acque dei laghetti che specchiano il cielo, sulle rocce argentate, sui fiori freschi e brillanti e sul nostro cuore incoraggiato da tanta bellezza! Ancora una volta l’ambiente naturale ci sorprende con panorami ampi e imponenti e con particolari altrettanto belli; le nuvole vanno e vengono come quinte semoventi di un teatro che ora si apre su una cima impervia, ora su un pendio scosceso, ora su un prato coloratissimo, ora su un gregge incurante del nostro passaggio, ora su un pastore appollaiato su un masso che governa i suoi animali a suon di fischi e urla comprensibili solo ai suoi fidati cani…questo gioco di vedo non vedo ci diverte e alleggerisce la fatica, distrae dai passi che ancora dobbiamo fare… finché il sentiero scompare e restiamo solo noi tre su un pendio che non ha limiti se non quelli della fitta nebbia che ci avvolge. Il nostro sguardo si deve concentrare alla ricerca delle peste sull’erba di chi prima di noi è passato di qui. La guida è chiara e dà molti riferimenti, il problema è che non si vedono. Ridiamo e scherziamo per ingannare la tensione consapevoli che, se sbagliamo strada, ci aspetta una discesa ancora più lunga senza un letto né una cena. Camminiamo guardinghe, ogni tanto una di noi scompare cercando le tracce più avanti e poi ricompre come da un sogno. Il sentiero lentamente si fa più chiaro e, come un’apparizione dal nulla, ecco un rudere militare che ci assicura che siamo sul col Content: mai nome fu più gradito! Superiamo il fortino e, d’incanto, ecco che la nebbia si dissolve improvvisamente svelando sotto di noi una conca protetta dai monti e, piccola piccola, là in fondo, “La porziuncola”. Insieme alla nebbia svaniscono tutte le paure, i timori e la stanchezza con cui siamo partite stamattina e con un pizzico di malinconia per essere di fatto l’ultimo giorno di cammino puro in montagna, ci sediamo tra i fiori a chiacchierare per ritardare l’arrivo e godere del meraviglioso paesaggio. Il sole si nasconde dietro l’alpe Crosenna e il sorriso di Giovanni ci accoglie sulla porta del suo rifugio. Come dimenticare il suo aperitivo al tramonto, il suo risotto al timo serpillo, i suoi salumi artigianali, la sua frittata e le sue cotolette…come dimenticare l’allegra premura per offrirci  il meglio della sua ospitalità…come dimenticare la preoccupazione per sua moglie ancora convalescente e lo sguardo fiducioso per aver avverato il suo sogno: aprire un rifugio qui dove, da ragazzo, veniva a osservare la “sua” aquila volteggiare alta sulle cime.  Terminiamo questa esperienza con lo stesso calore e la stessa accoglienza del primo giorno e, con la gratitudine che scalda il cuore, ci sdraiamo stremate mentre il buio accarezza le orme dei nostri passi stanchi. Stavolta il silenzio in stanza ascolta i ricordi e i pensieri per i giorni passati, ascolta gli ululati lontani alla candida luna, ascolta il rammarico di essere ormai alla fine e scivola lentamente nel sonno inconsapevole delle cose belle che ancora capiteranno.

    1. sicuramente in montagna sto benissimo anche perché l’ho frequentata di più, sarebbe bello provare un’esperienza simile in mare con persone come Marco e Giovanni che mi guidano sulle onde come sui sentieri…Chissà…

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