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Fiori, pietre, nuvole e anime.

giovedì 18 novembre 2021

Mentre a casa c’è chi rimanda la sveglia lasciando la mano pesante sul comodino con gli occhi strizzati  sulle ultime scene di un sogno che svanisce, io mi stiracchio la schiena indolenzita e penso che non posso certo lamentarmi. Ok, oggi abbiamo una delle due tappe davvero impegnative (1000 mt di salita e 1500 di discesa…21 km…7 ore previste di cammino…non male!) ma fuori c’è il sole a dispetto delle previsioni e sono in ottima compagnia. L’atmosfera tra di noi è rilassata, abbiamo capito che siamo ben amalgamate, che c’è intesa, sintonia e complementarietà. Lucia e Giacinta condividono lo stesso cognome, lo stesso Dna e la stessa infanzia, poi la vita ha separato le loro strade ma non certo i loro cuori. Io pensavo sarei stata un satellite che, un passo indietro, anzi un’orbita distante, avrebbe osservato e seguito. Invece avere valori comuni, curiosità e voglia di esplorare, condividere il desiderio di conoscere e mettersi alla prova ci ha rese una molecola armonica e recettiva. Alzarsi e prepararsi comincia a diventare un rito collaudato e, senza tanti indugi e poche chiacchiere, ci ritroviamo fuori dal rifugio sazie, pulite, riposate, con la guida aperta alla ricerca del prossimo segnale. Giacinta ha studiato per mesi con meticolosa cura il percorso tanto che ormai lo sa a memoria mentre noi, per non sbagliare come la mattina precedente, oggi abbiamo gli occhi ben aperti per no perdere le indicazioni GRV.  Il sole non è ancora sorto dietro le cime ma la luce diffusa e l’aria fresca ci riempiono di bellezza nel silenzio del mattino presto. Un gruppo di belle case in pietra ormai abbandonate dorme a fianco del sentiero lasciando ancora immaginare i bambini che giocavano alla fontana, le donne che mungevano nella stalla, i forconi che spostavano il fieno, la preghiera serale davanti all’immagine dell’edicola, magari con due fiori freschi da riporre ai suoi piedi. Il sentiero è una larga carraia che, dolcemente, sale come il sole che sorge alle nostre spalle mentre noi, ormai affiatate, continuiamo a dipanare i nostri vissuti, dolorosi e non. Ci sgarbugliamo i nodi della vita, ci curiamo le ferite, ci facciamo coraggio e ci confortiamo con le parole carezzevoli e i sorrisi che possono essere mancati nel tempo. Il panorama, inteso come la corona maestosa delle Alpi che ci circonda ma anche come il comodo sasso sul quale ci sediamo per riposare un poco, riportano il battito del cuore all’unisono con quello del creato; lo zaino ricorda che abbiamo bisogno di davvero poche cose per stare bene e che l’essenzialità aumenta la gratitudine. A volte mi preoccupa non incontrare mai nessuno sul sentiero, soprattutto mi stupisce, perché il posto è davvero bello e resto indecisa: è meglio che venga poca gente lasciandolo intatto o è un peccato che pochi possano goderne col rischio di alterarlo? Ancora non lo so.
Il bosco finisce e lascia il posto a prati di mille colori che in inverno sono, o erano, animate piste da sci. Poi il sentiero si stringe, si colora di bruno e di grigio, di terra e di pietre, mentre il sole picchia e il vento freddo ostacola l’ultimo tratto di salita. Un gruppetto di bikers inseguito da cani incrocia il nostro percorso interrompendo quella sensazione di essere sole al mondo e fuori dal tempo. Pochi passi ancora e…STUPORE! Una valle ampia, maestosa, incontaminata, silenziosa si distende ai nostri piedi. Macchie di fiori differenti si piegano al vento come onde lucenti, le nuvole alte corrono e noi, ammutolite salutiamo la salita alle spalle e poi, in silenzio, sedute dopo la lunga salita ci godiamo la meraviglia. Siamo al colle del Pis e mi rammarico che questa pace non abbia potuto confortare i valdesi nel loro travagliato ritorno Mangiamo piano, non abbiamo fretta, soprattutto non vogliamo lasciare questo posto.
La discesa non è meno entusiasmante: i fiori sono uno spettacolo di cromie, anche le stelle alpine, spesso sparute e rade, qui sono rigogliose! In lontananza sentiamo avvicinarsi il fragore della cascata del Pis ma un’improvvisa ed enorme nuvola nebbiosa ci avvolge costringendoci a guardare bene i piedi sulle lastre di pietra grigia luccicante. Qui c’erano miniere e minatori, qui c’era inevitabile fatica e sudore e, purtroppo, anche dolore: una valanga ne uccise 81 e il monumento posto a ricordo ammutolisce l’animo.
La discesa diventa ripida, il cielo si scurisce, la cascata è ormai lontana e il sentiero ritorna costeggiato di alberi. In fondo alla stretta valle ci accoglie Balziglia, un paesino che sembra sotto un incantesimo: non è abbandonato ma non vediamo nessuno; il museo c’è ma non il custode, ci sono fiori e tende alle finestre ma le macchine arrivano e invertono la marcia. Come tanti posti quassù, dopo l’esodo in città o all’estero per trovare lavoro, adesso qualcuno ritorna almeno per le vacanze nei propri luoghi d’origine a ridare vita a questi posti, ai ricordi e alle loro radici.
Siamo stanche, infreddolite e grate di aver schivato la pioggia, e anche per questo la camerata della foresteria del Massello ci sembra una reggia! Cena ottima…ma a tavola poche parole: ognuna di noi vuole fissare nella cassaforte dei ricordi i colori, i profumi, le sensazioni di questa tappa, consapevoli di aver vissuto un dono.

  1. Sei davvero speciale, Begno… Mentre leggevo mi chiedevo come avrei fatto io al tuo posto… Nel senso.. Ti sei presa appunti…? Tutto in testa?? Le foto ti aiutano a ricordare i cambi di passo e di sentiero?
    Sembra sempre di essere lì con te…
    Brava!!

    1. no cara, nessun appunto! Certo le foto aiutano ma in realtà è come riavvolgere un nastro: parte la prima immagine e tutto si srotola da solo. Sai bene che non ho memoria scientifica ma quello che si sedimenta dentro resta e torna disponibile. In ogni caso…non si sa mai…scripta manent!!

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