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Salire sempre.

domenica 12 dicembre 2021

Sveglia poco dopo l’alba, colazione nel grande refettorio pulito organizzato, gelificato e mascherato. Non siamo le prime perché gli ospiti qui vanno a letto presto e si alzano presto, forse perché i pasti scandiscono i momenti cruciali della giornata tra una partita a carte e qualche chiacchiera in giardino. I biglietti per la corriera si comprano, curiosamente, nel negozio di fiori e mangimi e poi, nella frizzante aria mattutina, aspettiamo il nostro bus ancora vestite da montagna. Non abbiamo altro in verità e siamo anche pulite di bucato ma la verità è che ancora vogliamo tenere questi panni che ricordano che abbiamo camminato e che per qualche giorno abbiamo vissuto in una dimensione profondamente umana: ispirate e immerse nella Natura abbiamo ossigenato le nostre radici recuperando quel buon senso o, forse meglio, senso buono, che tutti abbiamo…a volte trascuriamo… e poi ricerchiamo e quando lo ritroviamo siamo di nuovo centrati e sereni. I posti distanziati lasciano tutti i passeggeri immersi nei propri mondi in questa mattina umida dal cielo coperto e lattiginoso. C’è chi va al lavoro, chi va dai parenti, chi va a far compere e chi, come noi, torna a casa. Mentre i monti si allontanano alle spalle e la grande strada asfaltata scivola verso la pianura padana i pensieri, a ritroso, continuano a ripercorrere i ricordi trasformando la malinconia in consapevolezza e gratitudine. Sembra ieri o un secolo fa che faticavo a lasciare a casa le mie certezze diventate adesso inutili orpelli di cui fare a meno. Sembra ieri che avevo solo una gran voglia di camminare sul sentiero e non sapevo che panorami avrei scoperto ma soprattutto che persone avrei conosciuto, che vite, che racconti, che esperienze che ferite e che conquiste: nello scorrere quotidiano della vita un giorno dopo l’altro si erano composti mosaici unici, bellissimi anche nelle loro zone d’ombra.
Sembra un secolo fa che Giacinta e Lucia mi avevano coinvolto in questa avventura e adesso sono già qui che torno a casa. Lo zaino del tempo vissuto, come un vaso di Pandora, mi offre profumi, colori, sorrisi, sudore, paure, timori, incertezze, stupore…e mi lascio commuovere da tutto questo. Scendiamo a Pinerolo e riprendiamo il treno verso Torino e poi Milano. Facciamo tutti i cambi in modo automatico per non distrarre le sensazioni che emergono mentre ci lasciamo trasportare. Dal finestrino del treno la campagna cede il posto ai condomini e io realizzo un altro motivo che mi porta a preferire la salita: è l’attesa. Sia che torni in un posto conosciuto sia che debba raggiungere una meta nuova è l’attesa, la speranza, la curiosità di vedere cosa troverò, chi sarà con me, che tipo di cammino sarà…è l’attesa del nuovo da scoprire. Allora, per non cadere nell’inganno del dimenticare tutto e tornare al posto che ho lasciato trovandolo immutato, capisco che sono io a dover essere nuova. Rinnovata. Arricchita. Alleggerita. Un poco diversa… o forse, addirittura, più Io.
Il fatto di essere ancora qui a raccontare e ricordare, no anzi, rivivere tutto questo mi toglie il peso della nostalgia perché ogni fiore, ogni nuvola, ogni silenzio, ogni gesto sono nati là ma sono parte di me. Nessuno e niente me li può togliere. E posso condividerli, sicura che il mosaico che ognuno ne comporrà sarà diverso e comunque ammirevole. Scendo a Parma, nel primo pomeriggio. La stazione è fiacca per il caldo, la gente non affolla le strade del centro e nessuno mi può venire a prendere. Magnifico! 9 km a piedi sono la miglior conclusione dopo tanto star seduta. Percorro le solite strade, osservo le solite vetrine, riconosco le solite case ma con gli occhi che avevo a montagne Seu o alla Porziuncola. A Parma la pendenza è cosa rara, ma io voglio camminare “in salita” cercando con gli occhi le cose mai viste. Lo zaino sulle spalle mi dà questo potere e me lo godo fino all’ultimo metro. La casa deserta è assopita nel silenzio ma nemmeno le lavatrici accumulate in mia assenza mi tolgono il sorriso, quel sorriso che anche adesso, scrivendo e correggendo, distende il racconto.
Solo una domanda resta dopo il punto finale ” a quando e dove la prossima salita?”

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