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Risate contagiose.

venerdì 19 giugno 2020

C’è un’età giovane che dura una decina d’anni in cui forze apparentemente avverse ed estreme ci rendono la vita una passione: sofferenza e trasporto. In quella decade il nostro cuore rimbalza da abissi profondi di paure e insicurezza a vette altissime di ardore e gioia. Ho avuto il dono di passare cinque giorni come “adulto responsabile” in un centro estivo parrocchiale. Sull’essere adulta ho delle perplessità: all’anagrafe lo confermano ma gli strascichi di quella decade ci sono ancora, un po’ attutiti, forse ovattati, ma sono echi non tanto lontani perché quando risuonano si sentono benissimo. Responsabile è una parola importante, diciamo che ci o provato e ho accettato il rischio.
Fatto sta che ero lì. Con loro. Un manipolo di baldi e coraggiosi animatori tra i 16 e 17 anni che gratuitamente e volontariamente (parole forse più Belle di adulto e responsabile) offrivano il loro tempo per dare ore serene di gioco ai bambini appena usciti dal lockdown. Avevo scordato il poter ridere fino a perdere il respiro per un gesto o una sciocchezza, per uno errore o un piccolo dettaglio. Che meraviglia ridere per uno sbaglio invece di sentenziare giudizi irrevocabili! Che sollievo ridere a cuor leggero e poi ricominciare da capo! Ho lasciato che il vissuto mi incurvasse le spalle invece che insegnarmi a dare il giusto peso alle cose importanti., invece che darmi esperienze e ricordi come un parco di opportunità di cui saper ridere e sorridere insieme. Avevo scordato la potenza del cercare la propria unicità nella folla e il bisogno di non essere soli per essere ascoltati e incoraggiati da chi ci è vicino. In fondo ho ancora gli stessi bisogni, sono quelli di un pellegrino della vita, e ho riscoperto la bellezza del voler crescere e affermarsi ma non da sola; sono forse qualche passo più avanti nel sentiero del tempo, ho forse visto più panorami e il passo è rallentato, ma la meta è ancora la stessa. Se imparo a riderci su in compagnia sono certa che sarà più facile alzare lo sguardo e respirare sorridendo a pieni polmoni. Ho visto la forza creatrice del dare fiducia. Mascherine, gel e distanziamenti non hanno impedito ai miei giovani compagni di adattare le attività a questa nuova emergenza senza svuotarla del suo significato.
Hanno fatto fatica, hanno anche  fatto errori, ma hanno messo tutto il loro impegno e la loro fantasia per non tradire il compito affidatogli. In fondo hanno solo bisogno di ascolto e coerenza, di confronto ed esempio, poi la loro strada si delineerà passo dopo passo, ma non sarà la nostra, sarà unica e speciale come ognuno di loro. Mi ricordano tanto i Prigioni di Michelangelo: figure in divenire, bozze già bellissime e perfette nella forza prorompente e imprevedibile del loro emergere dal comune marmo della natura umana. Ho scoperto che sono tantissimi i giovani così, anzi sono la maggioranza!! Che sono ovunque, che cercano solo un confronto, che hanno bisogno di imparare l’ascolto per essere liberi. Ma l’ascolto si impara se si è ascoltati. E allora cercherò di essere adulta offrendo la mia personale e limitata esperienza, ascoltando con gli occhi e col cuore chi non è ancora incrostato di abitudini e supponenza; cantando come loro anche se non sono Mina; ridendo per ogni inciampo con la voglia di non cadere più; e sarò responsabile della mio vivere coerente nelle poche importanti cose che possono avvicinare le distanze tra il “noi adulti” e il “loro giovani” : per non essere più su due fronti opposti ma compagni di strada che hanno tanto da imparare e raccontare l’uno dall’altro con le proprie unicità e imperfezioni, facili e irresistibili spunti per rinfrescanti risate contagiose.

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