L’accordo con le mie compagne di viaggio era di trovarsi a Milano la sera prima, dormire lì e al mattino presto poi finalmente partire. Era un caldo pomeriggio di luglio, lo zaino in spalla stonava col mio abbigliamento cittadino ma mi confondevo con le compagnie di giovani in partenza per viaggi di maturità o interail avventurosi. La mascherina nascondeva le rughe e così, forse, mi mimetizzavo nella folla adolescente. In tutta quella allegra confusione che sapeva di vacanze, ormoni, speranze e crema solare mi sentivo sola sul binario. Avevo preso per anni quel treno, sempre lì sul binario 4, eppure quei trent’anni (trenta????) avevano cambiato molte cose: treni nuovi, cuffie senza fili, cellulari impegnati in frenetici selfie cozzavano con la solita voce degli annunci e col solito odore ferroso che invece era familiare e immutato. Mi sentivo sola, come in cima a uno scoglio prima di un tuffo, come quel momento sospeso in attesa che il prof chiami il tuo nome, ero pronta ma le incognite e le speranze si confondevano in mille pensieri. Osservavo tutta quella umanità che condivideva lo stesso vagone. Tratti somatici che raccontavano storie lontane, risate di gruppo per trovare sintonia, sguardi stanchi, fronti accaldate, vestiti spiegazzati dopo una giornata di lavoro e fuori la campagna correva all’indietro allontanandomi da casa mia. Milano mi accoglie sempre indaffarata; sembra dire “c’è posto per tutti ma no perditempo” Lo vedi dalla coda per i biglietti della metro: i soldi pronti in mano e le mani del tabacchino automatiche nel darti il resto.
Rumore costante di passi veloci , pubblicità e informazioni stimolano continuamente la vista e io, guidata da un’euforia nuova raggiungo la casa che mi aspetta.
A cena si ride per stemperare qualche timore, per svanire i dubbi, per farsi coraggio: il cammino è impegnativo e il meteo prevede brutto tempo, L. ha male a un ginocchio e io temo la mia cervicale… eppure, allegre, svuotiamo gli zaini per confrontare le scelte e per conoscerci meglio: ognuna ha le sue essenzialità dettate dall’esperienza o dalle abitudini. Ridiamo tanto, proprio come quegli adolescenti che erano in stazione con me, ma ridiamo di noi stesse e, sollevata, capisco che saremo in sintonia. Pioverà forse, ma non sui nostri sorrisi.
Chiudo lo zaino, e lo appoggio lì alla finestra vicino alla porta. Mi corico nel letto nuovo e sento che ormai sono partita. Non me ne ero accorta: è bastato togliere i sandali e preparare le scarpe da trekking per diventare una pellegrina. La notte animata da tanti sogni danzanti mi traghettava al domani. Ero pronta!